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L’era dei free press

“Metro “, “City”, “Leggo”, “Urban”, “Wu Magazine” e altri, possono oggi definirsi ‹‹la risposta più forte che la carta stampata ha saputo dare al web negli ultimi anni››, afferma Federica De Sanctis di SkyTg24. Nella sezione dei workshop, della  quinta edizione del  Festival Internazionale del Giornalismo, si è aperto con queste parole il dibattito dedicato al mondo del free press. Realtà che, a livello nazionale, conta ormai cinque milioni di lettori, che dà lavoro a moltissimi giovani e che sta spingendo sempre più in là le proprie prospettive future.

Ma chi vuole fondare un free press, a quali difficoltà va incontro? ‹‹Di sicuro sono  di tipo economico e di fidelizzazione del target di fruizione››,  ci spiega Giorgio Govi, fondatore di “2Night”. Ma se i contenuti dei free press sono validi, e non si fanno sovrastare del tutto dalle richieste pubblicitarie, riescono a sopravvivere nel tempo, nonostante siano tanti i sacrifici per avviare e mantenere prodotti di questo genere.

Questi compagni di viaggio e d’intrattenimento – che siamo  abituati a vedere alla stazione, sugli autobus, dal parrucchiere, dal medico o altrove  –  sono riusciti a creare un mercato nuovo, sia di investimento sia di lettori, puntando su formati innovativi e sulla voglia di collezionismo di alcune nicchie di persone. Così facendo, in tanti, che prima non leggevano il quotidiano, si sono avvicinati alla lettura, seppur veloce.

Stefania Oliveri

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