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Lo stato dell’informazione nell’era berlusconi

Alla Sala dei Notari giovedì mattina erano presenti nomi illustri del giornalismo italiano, tutti a interrogarsi sui mali nostrani dei media. Il nome del premier campeggiava nel titolo dell’incontro: il caso Italia è così particolare che uno degli eminenti speaker, John  Lloyd, direttore del centro studi della Reuters, sta preparando un libro sul tema.

Il tycoon Berlusconi ha  modificato nel profondo le dinamiche del sistema dei mezzi d’informazione italiani.  ll problema della personalizzazione, la partigianeria, il conflitto d’interessi, l’importanza del rapporto elettori -eletti, che già caratterizzavano con connotati particolari il Bel Paese, sembrano assumere nuovi tratti salienti, anche se d’altra parte il processo di omogenizzazione dei media a livello internazionale si percepisce, per esempio nella diminuzione cospicua dei finanziamenti pubblici all’editoria.

Il mediatore del dibattito, Specchia, della scuola montanelliana e oggi firma di punta di Libero, ha introdotto sin da subito il discorso della macchina del fango che, è stato ammesso da tutti, esiste e riguarda sia la destra sia la sinistra. Interessante il riferimento al fenomeno Signorini, consulente d’immagine del premier solo per citare uno tra i suoi mille ruoli, considerato dalla rivista “Tv” uno dei personaggi più centrali della scena  mediatica attuale. Su questa riflessione Lloyd stesso si è affrettato a dire che anche nella patria del giornalismo anglosassone le testate più vendute sono i famosi tabloid, “formato tipo” dell’informazione leggera e popolare.

Su questo punto il direttore dell’Ansa, Contu ha messo l’accento anche sulla responsabilità della classe giornalistica, ammettendo che l’autocensura preventiva caratterizza ancora molti degli addetti ai lavori: la pressione è fortissima, soprattutto ai livelli più elevati.

Mauro Orfeo direttore del Messaggero, dov’è approdato dopo la conduzione del Tg2, ha dichiarato che in Rai si può lavorare bene, mantenendo sempre le proprie convinzioni. Sulla televisione pubblica si è evitato di affrontare il discorso sulla lottizzazione, che non solo grazie a Berlusconi, sopravvive tuttora con dinamiche più personalistiche che partitiche. Il problema è che ancora sono le convizioni più del merito e delle capacità a garantire un lavoro in Rai.

A completare questo quadro, forse più di altri di mille discorsi, c’era Nicole Minetti: l’ex igienista dentale più famosa d’Italia, intervistata in questo periodo persino dalla CNN, è intervenuta dalla prima fila con una domanda sulla deontologia professionale. Ecco come “E’ cambiato il giornalismo italiano nell’era berlusconiana”.

Silvia Colangeli

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