Le verità nascoste, Vaticano Spa
Chi l’avrebbe mai pensato (popolo ignorante) che le fortune del Vaticano siano talmente ingenti da essere gestite “accuratamente” da uno staff di vescovi-banchieri?
Lo Ior (Istituto opere religiose), a Porta S. Anna, ha difatti un consiglio d’amministrazione ristretto a pochi intimi nell’ambiente ecclesiale, ma una commissione super partes, composta da grandi banchieri, sovrintende le attività finanziarie dell’istituto. Per quanto non sia di competenza della mafia.
La morte di Giovanni XXIII ha provocato il crollo delle offerte da parte dei fedeli e il governo italiano introduce la tassazione sui dividendi per la Santa Sede (una catastrofe, dopo che Mussolini aveva predisposto l’esenzione fiscale); sono gli anni Settanta e sulla Chiesa pesa il pagamento di tutto il pregresso su investimenti per oltre un miliardo e 200mila euro attuali.
Ma il Vaticano non si rivela molto diverso dal sistema tangentistico, solo 30 anni dopo emerso. Paolo VI decide così di trasferire alcuni capitali all’estero e lo fa tramite un sacerdote e un laico, Paul Marcinkus e Michele Sindona. Quello che echeggiano questi due nomi sarà famigliare anche per chi non mastica le “cose” della Santa Sede.
Al Teatro Pavone si incontrano per discuterne Rossend Domenech, El Periodico, Giacomo Galeazzi, La Stampa, Gianluigi Nuzzi, Libero (e autore di Vaticano Spa), e Philip Willan, giornalista e scrittore.
Il libro di Nuzzi denuncia un archivio sterminato di documenti riservati e inediti (contabili bancarie, lettere, relazioni riservate, verbali dei consigli di amministrazione, bilanci segreti dello Ior, copie dei bonifici e cartellini dei conti “cifrati”), materiale che ha permesso all’autore di entrare nei segreti del Vaticano e che ha ricevuto per espressa volontà di Renato Dardozzi, grande manager d’affari, monsignore a 51 anni: «una delle figure più importanti nella gestione delle finanze della Chiesa, dal 1974 alla fine degli anni Novanta».
Nuzzi ricompone molti pezzi del mosaico e arriva anche a Giulio Andreotti: «le firme autorizzate sono due: de Bonis Donato e Andreotti Giulio», come viene riportato nel documento bancario che rivela tra le firme autorizzate del conto Fondazione Spellman quella dell’ex presidente del Consiglio. E lo stesso, alla domanda: «Perché è stato correntista di un conto depositario di 60milioni di euro attuali» fa sapere tramite la segretaria di non ricordare di aver avuto un conto allo Ior. Il suo “alter ego” nei carteggi era “Omissis”.
Un’altra curiosità, se così la possiamo definire, è la sorte dei finanziamenti pubblici alla congregazione delle Ancelle di Bisceglie: 55 miliardi di lire tra il 1993 e il 1994, vengono trasferiti a nero dalla cittadina pugliese a Porta S. Anna, quale “contributo”.
Aria di pizzo si respira dal momento in cui Sindona rende il “favore” al Vaticano: il 20% dei conti dello Ior finiscono ai corleonesi, Bernardo Provenzano e Totò Riina. E ciò trova riscontro nell’intervista che Massimo Ciancimino rilasciò allo stesso Nuzzi per Panorama.
I misteri che circondano il Vaticano sono infiniti, e il fatto che gli scandali degli abusi sessuali da parte dei vescovi vengano a galla in questo momento, lascia intravedere una crepa nelle anguste verità della curia. Papa Ratzinger, che ha vissuto nel Vaticano per 25 anni prima della nomina a Santo Padre, si è sempre mantenuto a distanza dalle strategie curiali, vivendo quasi in isolamento. Sarà anche per questo che quanto sta accadendo in questo spaccato storico giunge a ciel sereno? Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, ha dichiarato: «Noi non potremmo mai ammetterlo, ma questo libro ci permette di fare pulizia».
Marilena Rodi