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Ogni problema e’ un’opportunita’: le prospettive del giornalismo investigativo

Alla Sala dei Notari si affronta di nuovo uno dei principali temi di questo Festival: la ricerca della verita’ e i modi di offrirla ai lettori.
La discussione condotta da Guido Romeo de Il Sole 24 ore vede gli interventi di Luca De Biase (reponsabile di Nova24 al Sole 24 ore), del direttore di Pro Publica Paul Steiger e di David Cohn, fondatore di Spot.Us, il quale interviene via Skype e riesce a dare un contributo interessante e significativo nonostante i ripetuti problemi di collegamento (“ecco i nuovi media!”, commenta Romeo, tra il diverito e il nervoso, al terzo fallimento della connessione).
Si comincia proprio con Cohn che riassume l’avventura intrapresa con Spot.Us. Per chi non lo conoscesse: si tratta di una piattaforma di crowd-funding, cioe’ i lettori sono chiamati a finanziare in prima persona le inchieste che vogliono vedere realizzate e pubblicate. Il discorso di Cohn rischia di scivolare troppo sul tecnico, almeno all’inizio, ma in realta’ il meccanismo e’ semplicissimo: un cittadino di San Francisco, Los Angeles o Seattle (al momento uniche aree di copertura di Spot.Us) desidera vedere approfonditi temi e problematiche che riguardano aspetti dell’amministrazione locale, cosi’ riunisce altre persone con lo stesso desiderio e versando una cifra che solitamente si aggira sui 10$ ciascuno si va a finanziare la ricerca per poi poterne vedere pubblicati gli esiti sul sito. E’ garantita una forma di trasparenza e controllo: il cittadino puo’ agevolmente vedere dove vanno a finire i suoi soldi e i responsabili hanno modo di rintracciare le donazioni mediante indirizzi e numeri di carta di credito. Altre regole a tutela della trasparenza sono un limite alla cifra che un singolo individuo puo’ donare (unica eccezione viene fatta per le organizzazioni giornalistiche ed editoriali) e il divieto di donazioni anonime.
L’argomento della discussione si presta molto bene a trattare dell’ormai onnipresente questione dei nuovi media e ne escono risposte ed opinioni di grande disponibilita’ ed apertura.. Cohn sostiene che fra nuovi media e media tradizionali non esista una netta contrapposizione, ma anzi operi una sinergia. A riprova di questo racconta come in tempi recenti Spot.Us abbia ceduto una storia al New York Times, che non avrebbe avuto da solo i mezzi per finanziare l’indagine. Anche Steiger si mostra d’accordo con la tesi della collaborazione fra i diversi media: basti pensare che una giornalista di Pro Publica ha vinto il premio Pulitzer cedendo una propria indagine sempre al New York Times.
A questo punto un diffuso mormorio in sala commenta giustamente che si sta parlando degli Stati Uniti, mentre qui da noi la faccenda e’ ben diversa. Prende allora la parola De Biase e riconosce che gli USA hanno una cultura basata sulla condivisone di certo piu’ avanzata di quella italiana, ma allo stesso tempo si dice certo del fatto che presto diventera’ chiaro anche in Italia che la differenza principale deve essere ricercata non fra giornalismo di carta e giornalismo di internet, ma fra giornalismo fatto bene e giornalismo fatto bene a prescindere dal mezzo con cui lo si realizza.
Realisticamente De Biase prende in considerazione anche l’aspetto puramente economico e sostiene che “l’unica cosa che non si puo’ chiedere agli editori e’ di non lavorare per il profitto”, per poi specificare che tutto sta nel mostrarsi lungimiranti nel farlo come ad esempio Repubblica ed Il Sole 24 Ore, primi a lanciare un’edizione online. Per De Biase e’ inevitabile che anche i nuovi media seguano logiche di profitto: e’ vero che offrono una sterminata gamma di espressione della creativita’ ma queste espressioni devono accompagnarsi ad un modello di business che le ripaghi, quindi vedremo le nuove forme di informazione svilupparsi in relazione all’economia che ne derivera’ piu’ che in base alle potenzialita’ creative (“la liberta’ e’ anche avere il bilancio in utile”, e’ la chiusa del giornalista sul tema).
Mettendo insieme i tre interventi ne esce un quadro tutto sommato incoraggiante, in cui nuovi e vecchi media hanno bisogno gli uni degli altri e contribuiscono a creare una piena “infodiversita’ (definizione sempre di De Biase), cioe’ compresenza di molteplici modi di fornire informazione e di finanziarla. La grande sfida sta nell’ottenere finalmente finanziamenti pubblici alla ricerca giornalistica (sebbene siano tutti perfettamente consci di starsi muovendo nel grande mondo dell’utopia) e smettere di sostenere l’esistenza di un contrasto fra ricerac for-profit e ricerca non-profit.
A questo secondo scopo vorra’ indirizzarsi appunto la neonata fondazione di De Biase AHREF. Chi fa domande in proposito si sente dare solo risposte vaghe, ma e’ inevitabile: la fondazione ha meno di una settimana di vita, non ha ancora il proprio statuto ufficiale e soprattutto non ha ancora risolto la questione della copertura legale dei futuri collaboratori, problema capitale vista la facilita’ con cui nel nostro paese fioccano le denuncie. De Biase dice solo che avra’il compito di radunare soggetti (professionisti e non) accomunati dallo scopo di migliorare la qualita’ dell’informazione svolgendo ricerca non-profit e soprattutto non-partisan. E gia’ questo non e’ poco.
Al termine dell’incontro tutti i relatori si mostrano estremamente disponibili a parlare a tu per tu con il pubblico, cosa che purtroppo si e’ vista troppo poco nel corso della manifestazione. Immediatamente si formano capannelli vicino a Steiger e a De Biase: il primo sorride, stringe mani, firma auotgrafi, risponde a domande e distribuisce biglietti da visita, mentre il secondo dice a tutti di dargli del tu e fa del suo meglio per rispondere alle curiosita’ sull’avventura di AHREF.
Con lui si parla soprattutto di come sara’ possibile conciliare la trasparenza che il progetto punta ad offrire con le frequente necessita’ di non esplicitare le proprie fonti. Emerge chiaramente che questa e’ la grande questione del nuovo giornalismo investigativo (ma in realta’ lo e’ sempre stata) e le risposte che fornisce De Biase, come ad esempio la possibilita’ di mantenere anonima la fonte purche’ si specifichi il proprio criterio di ricerca, soddisfano solo in parte. Wait and see, avrebbe detto l’americano Steiger. Di certo c’e’ che la sfida e’ cominciata.

Valentina Selmi

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