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BENVENUTI ERETICI DELLA RETE! INTERVISTA A MASSIMO RUSSO

C’è parecchio fermento all’Hotel Brufani, questa mattina: volontari che schizzano a tutta velocità per partecipare alle conferenze, giornalisti che affollano la hall dell’albergo, fotografi e video maker pronti a immortalare ogni attimo di questo quarto Festival Internazionale del Giornalismo. In tutto questo trambusto, energia positiva che ci travolge tutti, riesco a fermare Massimo Russo autore, insieme a Vittorio Zambardino, del libro Eretici Digitali. La rete è in pericolo, il giornalismo pure. Come salvarsi con un tradimento e dieci tesi. Russo è giornalista, direttore di Kataweb, responsabile della divisione digitale del Gruppo editoriale l’Espresso, oltre che essere docente all’Università Carlo Bò di Urbino. Da sempre si interessa di internet e di nuove tecnologie e , nello specifico, nel modo in cui la new technology influenza ogni ambito della nostra vita perché sul web ci si innamora, si commercia, si stringono amicizie, si viaggia. E soprattutto ci si informa. Ed è per questo che il giornalismo non può restare sordo alla chiamata di internet e nemmeno cieco di fronte al cambiamento, epocale, che lo sta stravolgendo. Il libro Eretici digitali cerca di spiegare il fenomeno con i suoi pro e contro.
Partiamo dal titolo: perché proprio Eretici?
Perché il libro parla di eresia, sia l’eresia del giornalismo tradizionale che per salvarsi e sopravvivere ha bisogno del digitale, sia eresia del digitale che necessita del giornalismo per essere regolamentato e proteggersi. Abbiamo bisogno di nuovi contenuti che coniughino una serie di linguaggi, da quello audio a quello visivo, per rispondere al bisogno di coloro che in rete ci sono nati, i nativi digitali.
Giornalismo tradizionale e rete. Nuove forme di informazione come i blog e il giornalismo partecipativo. Un’informazione che sembra partire dal basso sembra essere il futuro. Se si scavalca l’Ordine dei giornalisti, come può essere garantita la qualità dei prodotto di informazione messi in rete?
Sicuramente non è l’Ordine dei giornalisti a garantire la qualità di un prodotto editoriale. Data l’enorme quantità di contenuti, che si addensano sempre di più nella rete, sarà il mercato a giudicare quali sono dei buoni prodotti e a farli sopravvivere, ma soprattutto entrerà in gioco il senso critico dei lettori, vero organo competente nel decretare la bontà di un servizio informativo.
Purtroppo anche la rete ha i suoi limiti. Quali sono le falle più significative?
La presenza di intermediari forti come i padroni del Tubo, le compagne telefoniche che regalano il traffico dell’informazione, i social network che utilizzano i nostri pezzi di vita a scopi commerciali o i fabbricanti di device, primo fra tutti Apple. Il giornalismo che deve e vuole abituarsi al digitale deve raccontare e destrutturare i meccanismi economici che stanno alla base degli intermediari del web, deve rendere l’utente consapevole e allerta dei segreti del mondo digitale, ricco di potenzialità eccezionali se liberamente utilizzato. Per un giornalismo nuovo, più vero e sentito.
Rachele Bifolchi

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