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Strumenti contro il muro di gomma della Pubblica Amministrazione

Ph Max Brod

Per un giornalista o un comune cittadino è sempre un impresa l’accesso ai dati della Pubblica Amministrazione in modo completo e trasparente, specie nell’assenza in Italia di una legge sul diritto dell’informazione (Freedom of information act) Per fortuna grazie all‘Associazione per l’Open Government, a Diritto di Sapere e altri è stato creato un manuale internazionale dal titolo LegalLeaks che vuole facilitare questo compito.

Spiega l’avvocato Ernesto Belisario di Open Government: «In Italia abbiamo un problema di liberalizzazione delle informazioni,  basta pensare che il 73% degli italiani si dichiara insoddisfatto dalle risposte ricevute (se le riceve). Si fa presto a dire trasparenza nella pubblica amministrazione! Le norme sono bellissime (infatti si fa a gara a crearne sempre di nuove…) ma spesso non vengono rispettate come la legge del 1990. Basta pensare alla legge che impone dal 1 gennaio 2012 la pubblicazione di tutte le spese sostenute. Ebbene, grazie ai nostri volontari, abbiamo fatto un monitoraggio e solo una decina di provincie in Italia sono in regola, con la nota curiosa di una maggiore efficacia nelle amministrazioni guidate da donne. Uno dei trucchi più usati è quello di pubblicare i dati in più sezioni, scorporandoli. Questo lo chiamo “opacità per confusione” dove anche gli addetti ai lavori fanno fatica a trovare le cose che cercano, figurarsi un comune cittadino! Insomma le PA vedono tutte queste norme sulla trasparenza come un inutile appesantimento e non come una risorsa. Certo anche i cittadini hanno le loro colpe perché spesso si rassegnano e non fanno valere i loro diritti.»

Allora quali sono gli strumenti per un cittadino e un giornalista per accedere a questi dati? «C’è una legge molto recente – continua Belisario – che impone la pubblicazione obbligatoria online alle PA di alcuni dati per cinque anni come le liste d’attesa degli ospedali, i compensi, le società partecipate, le consulenze ecc… (ci sono ben 47 sottosezioni). Il giornalista deve fare una richiesta specifica (indicando testata e motivazioni) e se dopo 3o giorni non ha una risposta può fare ricorso. Il ricorso è gratuito dal difensore civico di ogni regione e a pagamento dal privato (5oo euro di tassa più spese legali). E’ sempre meglio agire perché dopo 60 giorni non si può fare più nulla e non si può rifare la richiesta sullo stesso argomento. Comunque bisogna usare le risorse combinate delle norme vigenti (leggi 1990 e 2013) che permettono l’accesso civico (civic hacking) unite al diritto di cronaca. Perché informarsi è un diritto e dare le informazioni è un dovere.»

 

Enrico De Col

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