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Generazione “watchdogger”, la rete che denuncia

Foto di Salvatore Ruvolo

Molti intraprendono la professione giornalistica aspirando a diventare veri e propri “watchdog”, cani da guardia del potere, pronti ad “abbaiare” per denunciare le malefatte di chi sta nei posti di comando. Oggi il mito del giornalista “watchdog” è un po’ sbiadito, perché deve fare i conti, soprattutto in Italia, con la mancanza di finanziamenti. E i soldi sono il sine qua non del giornalismo di qualità. Per questo sono sempre di più i semplici cittadini o blogger che si sostituiscono ai giornalisti professionisti. È il caso di Angelo Ferrillo, fondatore di “laterradeifuochi.it”, spazio web di monitoraggio ambientale che ha per oggetto il fenomeno dei roghi tossici di rifiuti speciali in provincia di Napoli. “Quello che vediamo sulla stampa e sui media è solo la punta dell’iceberg del problema dei rifiuti – spiega Ferrillo –. Io, come cittadino, mi sono trovato a fare il reporter per raccontare quello che avviene. Ho realizzato una mappa costituita dalle segnalazioni fatte dai lettori al sito”.

Un modo per colmare le lacune dei media mainstream e salvaguardare il giornalismo di denuncia in tempo di tagli è stringere un’alleanza tra i giornalisti professionisti e quelli amatoriali. Il matrimonio con il giornalismo dal basso ormai appare ineluttabile. “Altro elemento fondamentale per fare giornalismo di qualità, oltre ai soldi, è il fattore tempo – spiega Riccardo Staglianò di La Repubblica – Bisogna lasciare al giornalista il tempo di documentarsi e di perdere del tempo su quel pezzo”. Un lusso di cui purtroppo non godono i giornalisti della televisione, il cui obiettivo primario è arrivare sul posto prima degli altri. “Ma più cresce la velocità, più cresce il rischio di commettere errori – commenta Tiziana Prezzo, di SkyTG24 -. Oggi proporre un approfondimento, sia a livello nazionale che internazionale, è quasi impossibile. La prima domanda che vi faranno sarà «quanto ci costa?»”.

Anche se il connubio tra giornalismo professionale e giornalismo dal basso è ormai disegnato, esistono dei rischi e il controllo del reporter sui fatti non può venir meno. “Un esempio è quanto accaduto in Siria – spiega Tiziana Prezzo -. Per documentare la situazione nel Paese ci siamo serviti soprattutto di video amatoriali girati dagli attivisti. Noi giornalisti, tranne in rari casi, non eravamo sul posto. Quindi fare le necessarie verifiche è stato molto difficile”. Le sinergie, insomma, sono auspicabili e devono avvenire il più in fretta possibile. Ma i giornalisti professionisti non devono e non possono essere sostituiti.

Maria Elena Tanca

@met81

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