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L’italia è una ragazza in coma?

Ph Martina Zaninelli

Bill Emmott e Annalisa Piras hanno presentato al Festival del giornalismo il loro documentario Girlfriend in a coma. Insieme al direttore de L’Espresso Bruno Manfellotto hanno fornito per il pubblico di Perugia alcuni interessanti retroscena prima e dopo la proiezione.

«Questo film – ha detto Manfellotto – fa come Virgilio che ci accompagna nei gironi infernali ovvero attraverso i problemi dell’Italia. E’ stato fatto animato dall’amore e dalla rabbia per il nostro paese, nei mesi successivi alla fine del governo Berlusconi e all’insediamento di Monti (fine 2011). La sua peculiarità è quella di avere un punto di vista esterno tramite Bill e Annalisa (a lungo inviata a Londra) che hanno ancora quella freschezza che permette di indignarsi, così come si sente nelle opinioni dei ragazzi italiani in Inghilterra. Le domande che noi italiani ci facciamo dopo la visione sono: ma siamo veramente così? Così ci vedono all’estero? Bill ha avuto la capacità di muoversi nel territorio che ama tanto, parlando con la gente, sia i personaggi importanti (come Berlusconi che promise un suo intervento, poi come al solito smentito…) che le persone comuni. Come sapete questo film non ha avuto un percorso di distribuzione molto facile con la prima a Roma bloccata all’ultimo momento con la scusa della campagna elettorale. Poi per fortuna è diventato un fenomeno virale, Bill e Annalisa lo stanno portando in tutta Italia (ma non sarà mai nelle sale dei cinema) e sta anche riscuotendo un grande successo all’estero.»

Spiega Piras: «Era necessario questo punto di vista per spiegare il rapporto tra gli italiani e il loro sistema di informazione, molto polarizzato. Sono 97 minuti durissimi ma rigorosi che iniziano con una frase di Saviano “La verità in Italia la puoi dire.. ma ad un prezzo.” Ci sono stati dei problemi come sapete, pensate che durante la proiezione del 13 febbraio a Roma (grazie a L’Espresso) abbiamo ricevuto una diffida da parte di Mediaset perché ritenevano lesa la loro reputazione. Volevano, il giorno prima, il taglio della scena incriminata. C’era tanto materiale e abbiamo dovuto togliere qualcosa per rispettare i tempi di un documentario. Ci dispiace aver dovuto tralasciare alcune parti come quella sul problema dell’immigrazione (per esempio nel distretto di Prato), c’era anche un’intervista ad Enrico Letta che ha dato la sua visione del mondo. Alla luce degli ultimi fatti di politica è attualissima e infatti l’abbiamo subito messa in rete in questi giorni.»

Dice Emmott: «una delle domande che mi fanno sempre è perché ho dato spazio a Marchionne come un modello positivo anche se non è ben visto in Italia. E’ una figura osannata all’estero e demonizzata in Italia: questa è una delle metafore più efficaci dell’Italia! Poi mi raccomando: questo documentario non è mio! E’ fatto da Annalisa e dal sottoscritto in un’ottima collaborazione italo-inglese. Un’altra cosa che mi chiedono è l’intervista a Monti, io sono deluso dalla sua scarsa capacità comunicativa, non ha saputo gestire il ruolo dei media. Ci sono infine dei segnali di speranza per esempio i giovani italiani a Londra che sono una grande risorsa ma allo stesso tempo mettono una grande tristezza per la loro situazione: vogliono tornare in Italia ma non ci sono ancora le condizioni. Solo con la rivoluzione liberale che porta meritocrazia e opportunità (nel mondo dei media, della creatività, dell’università ecc…) ci potrà essere finalmente il cambiamento in Italia.»

«La speranza finale – conclude Piras – è quella di un contagio positivo nella coscienza degli italiani, che è spesso in preda all’indifferenza. Come ci ha detto un ragazzo a Trieste dopo che abbiamo presentato l’opera: “adotta un ignavo che conosci e costringilo a vedere il film!”»

 

Enrico De Col

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