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Ripartire dall’Oriente. Intervista a Pietrangelo Buttafuoco

Pietrangelo Buttafuoco

“Volevo diventare Rimbaud, e invece mi hanno dato un tesserino”: titolo particolare per il panel tenuto sabato 28 aprile da due “a sé stanti” del giornalismo italiano, Fulvio Abbate e Pietrangelo Buttafuoco. Siculi entrambi, raffinati letterati e tuttavia giornalisti, seppure di diverse “fazioni”. Ma in fondo parlare di fazioni con due personaggi simili avrebbe poco senso: Abbate e Buttafuoco sono due outsider della carta stampata, che sono riusciti a non cedere al conformismo dilagante degli ultimi anni mantenendo una linea di pensiero e una prosa originali e personalissime. Abbiamo intervistato Buttafuoco all’uscita dall’hotel Brufani.

Lei ha parlato di conformismo e morte del linguaggio della narrativa, del teatro, della televisione, del cinema: il linguaggio giornalistico pare sopravvivere: perché?

Perché è sostenuto dalla realtà, è sostenuto da una necessità, da un metodo, che è potenziare la didascalia di ciò che è successo. Ciò non significa che non siano cambiate anche le forme, tanto è vero che vanno sempre più a cedere il passo all’immediatezza dell’online rispetto alla staticità della carta stampata.

Parliamo di giovani e di ambizione a una carriera da scrittore o da giornalista: ha più successo un giovane che vuole diventare Rimabud – prendiamolo come esempio – o il nuovo Montanelli secondo lei?

Secondo me sono cambiati i due riferimenti: ha più successo chi sa intercettare la realtà. La realtà è fatta di meccanismi concreti che saranno pure le messe in mora di un certo umanesimo, di una certa vis, e quindi probabilmente un ragazzo che sarà in grado di apprendere il cinese saprà raccontare meglio il futuro da Pechino e da Shangai perché i nostri coetanei andavano a New York, oggi a voi vi tocca andare a Pechino.

È possibile un guizzo di novità – il guizzo di cui si sente l’assenza e di cui parlava prima – tra i giovani di oggi?

Altroché, certo! Tutto dipende da una rivoluzione, ma le rivoluzioni si fanno con fatti concreti e credo che partiranno da molto lontano, immagino dall’Eurasia.

Alessandra Chiappori

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