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Intervista a Sandro Ruotolo

D: In questo paese, in cui la politica esercita una notevole pressione e controllo sull’informazione, quali sono le difficoltà che avete incontrato e che continuate ad incontrare con Annozero?

R: L’inchiesta giudiziaria di Trani ti dice il livello di pressione: significa sentirsi ospiti in casa propria, nella RAI, per cui abbiamo rapporti complicati, burocratici con le strutture centralizzate per cui ogni richiesta passa al vaglio e però poi la cosa bella è che comunque ogni giovedì stiamo andando in onda, tranne il famoso periodo pre-elettorale.
Quindi è molto, molto difficile però noi sono anni ormai che lo facciamo, da quando è nato Samarcanda anche se nella Prima Repubblica c’era un atteggiamento diverso della politica… da quando c’è Silvio Berlusconi non passa anno che non ci siano problemi con la politica; i politici sono diventati dei critici televisivi per cui anche in tempo reale, mentre va in onda la trasmissione, trovi delle agenzie di stampa con il gruppo di fuoco dei berlusconiani che ti attacca. E’ vero che il politico può esprimere una critica, non è questo il punto, chiunque può esprimere una critica, soltanto che da noi la critica è diventata editto bulgaro nel 2002, il 18 aprile, per cui siamo stati cacciati dalla televisione e siamo rientrati in RAI grazie alla sentenza della magistratura e anche l’inizio della stagione è stato molto tumultuoso per noi: stavamo sperimentando questo linguaggio nuovo di racconto attraverso le docufiction e ci è stato vietato. Addirittura un ministro della Repubblica è entrato a gambe tese su un programma televisivo, mi riferisco a Scajola.
Quindi stiamo attraversando la burrasca, però navighiamo.

D: Berlusconi continua a dire che è scandaloso che nel servizio pubblico ci siano programmi come Annozero però eventi come “RAI per una notte” dimostrano che invece la gente le vuole queste trasmissioni

R: Le vuole e io dico che la carta d’identità del servizio pubblico è l’informazione ed è ovvio che l’approfondimento giornalistico rientra proprio a misura nel canone del servizio pubblico. L’importante è garantire punti di vista diversi, il pluralismo: oggi si è derubricata la parola “pluralismo” all’idea, diciamo, di neutralizzare l’informazione per cui vogliono in ogni trasmissione il bilancino del contraddittorio… eh no, il contraddittorio è una cosa diversa rispetto al pluralismo. Adesso stanno cacciando il pluralismo e hanno inserito il contraddittorio.

D: Stasera (sabato 24 aprile, nda) si parlerà dei rapporti tra mafia, economia e potere. Fabrizio Gatti ha sottolineato che il livello di connessione tra mafia e politica è talmente alto che poi persone come Saviano o Abbate si ritrovano a pagare un prezzo molto alto per aver raccontato quello che avevano visto intorno a loro

R: Stasera ci sarà anche l’esperienza della Confindustria siciliana: se la politica facesse quello che ha fatto la Confindustria prima in Sicilia e poi a livello nazionale staremmo tutti meglio. L’idea è di cacciare chi ha contatti e legami con la mafia.
Saviano e Abbate non sono gli unici: l’osservatorio della FNSI che parla di 200 giornalisti minacciati negli ultimi due anni…

D: Lei ne sa qualcosa…

R: Io ne so qualcosa, ma penso anche a quei tanti colleghi che vivono nelle piccole realtà. Non è solo Roberto, Roberto è protetto, ha diritto ad usare la parola, però pensiamo anche alle piccole realtà, ai colleghi delle piccole televisioni o dei quotidiani locali. Penso per esempio al collega del “Giornale di Calabria”, Baldessarro, che ha ricevuto anche lui biuste con dentro dei proiettili.
E’ una situazione estremamente pericolosa… quando poi aggiungi a questo il disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche capisci che quello che vuole la politica è il silenzio stampa per continuare a corrompere o ad avere rapporti con la mafia in maniera indisturbata, vogliono il silenzio.

D: Peter Gomez ha detto che il vantaggio è che, anche se scrivono queste leggi, tanto non le sanno scrivere e quella sulle intercettazioni non starà mai in piedi

R: Ci provano però e prova oggi, prova domani intanto ora c’è il legittimo impedimento. E comunque loro 18 leggi ad personam le hanno fatte.
E poi scatta il meccanismo dell’autocensura perché il problema del conflitto di interessi non riguarda soltanto Silvio Berlusconi: LA7 non può superare quel tot di share perché rompe la torta pubblicitaria; il “Corriere della Sera” di oggi è un giornale diverso, il De Bortoli di oggi è diverso rispetto al primo De Bortoli perché è entrata la famiglia Berlusconi nel “Corriere della Sera”.
Si sta sempre di più abbassando quel punto di borderline: una volta era alto così e adesso sta quasi toccando terra.
Prendi anche l’informazione locale: tu non c’hai l’imprenditore puro e quindi è un imprenditore che, in quanto tale, ha deve avere rapporti con il Comune, la Provincia, la Camera di Commercio e quindi è chiaro che certi fatti non li puoi raccontare. Proprio oggi mi ha chiamato un collega da Brescia, dove abbiamo fatto questa puntata l’altra sera, e anche lì delle cose che lui ha visto non le ha potute raccontare. Ormai è così.

D: Le faccio una domanda che ho fatto quasi a tutti: lei cosa pensa del fatto che sempre più spesso consigliano a noi giovani di andare via?

R: No, la mia generazione, io sono dell’idea di resistere perché non è giusto per i tuoi figli, per la gente che comunque crede nei tuoi valori. Poi certo, io non è che sono missionario, però andare via è come dire che hanno vinto gli altri e questo a me non va.

Di Elena Fuzier Cayla

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