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Questo non è un paese per giovani

La funambolica provocazione sul futuro dei giovani nel Belpaese, di qualche mese fa di Pierluigi Celli, direttore generale della Luiss, trova eco in un panel al Festival del giornalismo di Perugia. Giovanna Zucconi modera una discussione alla quale prendono parte anche Giuseppe Civati, giovane esponente del Pd (e blogger), Antonio De Napoli, portavoce del Forum nazionale dei giovani, e Marcello Foa, cofondatore dell’Osservatorio europeo dei giornalisti, durante la quale non mancano altre provocazioni (cautamente politiche, vagamente propagandistiche) che contribuiscono ad arricchire la polemica di ogni generazione: i giovani.

Ma chi sono i giovani, esistono? Azzarda Giovanna Zucconi, lanciando l’amo ai presenti.

Si innesca un dibattito sottile su educazione e prospettive, desideri e aspettative, sistema politico clientelare e gerarchie “cetizzate”. Le posizioni si assomigliano: il comune divisore è il precariato, sul quale qualcuno suggerisce il contratto unico, qualcuno fa eco alla tradizione, tutta italiana, di conservare la famiglia come “mamma chiocciola” e di non stimolare i giovani a lottare.

La questione non trascurabile: spesso accade, in questa Italia “costruita” per il “rimango” delle poltrone, che non vi sia spazio a sufficienza per il rinnovamento. Lo stesso Civati commenta: «il tema dei vecchi giovani – nel Pd – si è risolto con la vittoria dei vecchi», ironicamente riferito al segretario Pier Luigi Bersani.

Celli apre un altro scenario: la frammentazione dei ceti e degli interessi, autoreferenziali, che rende ambiguo lo start up. In un paese, dove non esistono più le classi, ma i ceti, ognuno provvede a portare acqua al proprio mulino, e con questa scenografia risulta improbabile, per un giovane, riuscire a conquistare il palcoscenico. Le università, inoltre, non sono in grado di prepararli per il mercato del lavoro; troppa accademia storpia: «La cosa assurda è che i docenti insegnano un lavoro che non hanno mai fatto», echeggia Foa.

De Napoli però sottolinea che uno degli aspetti dimenticati in Italia è la rappresentanza: si fanno proposte di legge, si regolano attività formative, si decide del futuro dei giovani, ma essi stessi, nelle sedi opportune, non hanno possibilità di esprimersi perché “non esistono”.

Come presumibile il punto d’arrivo coincide col punto di partenza: chi controlla il controllore..

Marilena Rodi

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