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Castelli nella sabbia del deserto

Tommaso Labate

Mentre Enrico Mentana usciva dal Teatro Pavone dove si era appena svolto il confronto con Bruno Vespa sugli ultimi 20 anni di giornalismo politico, uno dei tantissimi ragazzi che lo inseguivano con microfoni e telecamere ha fatto una domanda che, qui a Perugia tra volontari e non solo, tormenta un po’ tutti: ma per noi giovani? Ci sono speranze? Cosa dobbiamo fare?

“Specializzatevi” ha dichiarato sicuro Mentana.

Di fianco a me scuoteva la testa un Tommaso Labate, giornalista 30enne de Il Riformista, tra il rassegnato e il fiducioso. Contraddittorio, certamente, ma stranamente piuttosto logico. “Cambiate mestiere” aggiungeva in background alle parole di Mentana. Mi è sembrato utile intervenire: “sono anni che inseguo il sogno di diventare giornalista, e più parlo con professionisti più mi sento dare la medesima risposta: cambia mestiere. Fai l’idraulico!”. Quella con Labate non è stata certo una conversazione approfondita, ma ha fornito alcuni spunti non banali. “Non ti aspettare di diventare ricca” e “giornalista, sì, va bene, ma non sulla carta” sono i due segnali di orientamento che il redattore de Il Riformista mi ha lanciato “on the road”.

In quanto al primo, è storia tristemente nota e qui a Perugia se ne sta parlando da ieri, dall’apertura del Festival con il convegno dei giornalisti precari. Non è un mestiere facile quello del giornalista, non lo è per definizione: serve intraprendenza, serve l’abilità di cavalcare la fortuna del momento, e ancora occorre avere coraggio, fare sacrifici, dedicare ore libere e giorni di festa magari. Ma è un mestiere difficile anche in termini molto più concreti, quelli economici: di giornalismo, pare, non si vive, o per lo meno non vivono i 20enni, la “generazione senza rappresentanza sociale” di cui parlava Mentana stamane.

In quanto al secondo punto, il giornalismo su carta, Labate è stato lapidario: “i vecchi quotidiani di carta non hanno futuro, sono castelli nella sabbia del deserto”, e ha aggiunto che, per quanto possa trattarsi di quotidiani storici e autorevoli, non hanno più un contesto  favorevole intorno. Non hanno futuro, insomma.

E noi giovani aspiranti giornalisti? Abbiamo un futuro? Labate sorrideva parlandomi dei problemi della professione, un sorriso che mi ha lasciato presagire una fiducia oltre la rassegnazione. È un mestiere difficile, difficile quanto bello e appassionante, e chi tra i professionisti dispensa consigli ai più giovani, per quanto possa dare pareri negativi, non riesce a nascondere questa emozione.

Col sorriso e l’ottimismo nel domani, sì, forse, ma i dubbi restano: come vivere di giornalismo? Il web è la chiave risolutiva? È proprio finita la carta? Se siamo qui al Festival è proprio per capirlo, per valutare che strada prendere, per decidere se cambiare mestiere.

Alessandra Chiappori

  1. volontari says:

    Che dobbiamo fare noi giovani? Darci al data journalism, imparare dall’estero e smetterla di piangerci addosso.

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